|
TAVOLA I |
|
|
|
|
|
|
|
Commento di Laplace
Chiaramente questa
prima tavola è l'illustrazione del Sogno di Giacobbe, in cui
gli angeli salgono e scendono da una scala che collega
il cielo e la terra. L'allusione è facilmente comprensibile: essa si
riferisce a questa "forza forte di ogni forza" che la coppia di
angeli permette di afferrare.
L'editio
princeps de La Rochelle, che ha riprodotto Jean Jacques Pauvert
[immagine a sinistra. N.d.T.], aumentata dal prezioso commentario di
Eugène Canseliet, ci mostra una scena un po' differente da questa
[immagine a colori a destra. N.d.T.]. Il lettore si potrà riferire
con profitto alle note di Canseliet, che non mancò di rilevare
alcune anomalie evidenti. Da parte nostra, constateremo che lo
schema che formano i due rami del roseto e la scala è quasi
circolare nella prima edizione, mentre lo vediamo qui fortemente
schiacciato in larghezza. La nostra opinione è che, in origine,
scala e roseto formassero il simbolo del sale
mentre
gli angeli ne precisassero al contempo la sua qualità doppia.
Le trombe,
strumenti di rame, sono un'allusione a Venere, cioè
alla vibrazione celeste chiamata anche Verbo. La parola
si rivolge al soggetto dell'Opera, a Giacobbe, fisso nel suo
letargo. Questa terra dei filosofi di un blu profondo è
chiamata a divenire la terra filosofale, il cui rossore
presagisce il prossimo levarsi dell'astro.
Forniremo anche la
nostra opinione in merito all'inversione dell'immagine ed alla
posizione contraddittoria della luna. Come per il frontespizio del
Trionfo Ermetico, non pensiamo che l'errore sia involontario;
giammai, soprattutto in quest'epoca, un incisore si sarebbe permesso
una tale sbadataggine, ed è impensabile che l'autore non abbia
corretto un errore così evidente. Preferiamo intendere, per mezzo di
questo ribaltamento, che ci troviamo in presenza dello
Specchio della Natura. Ecco anche perché i tre riferimenti alla
Bibbia devono essere letti da destra a sinistra... o in uno
specchio.
|
|
|
TAVOLA II |
|
|
|
|
|
|
|
Commento di Laplace
Non è certo
originale constatare che l'impaginazione delle tavole non
rappresenta l'ordine reale del messaggio che sono chiamate a
rappresentare. La prima si trova sicuramente al suo posto, che è il
frontespizio, cioè l'ingresso dell'Opera. Non abbiamo
l'intenzione di rimettere le immagini nella loro reale successione
ma ci sembra giusto segnalare che non c'è veramente un ordine
lineare da seguire. Ci sembra che il Mutus Liber sia costituito
da più raggruppamenti di figure attorno ad un'idea centrale. Alla
tavola quattro daremo la prova, con un esempio, di ciò che abbiamo
anticipato.
I due angeli in
volo che tengono l'ampolla filosofica avrebbero guadagnato in
precisione se fossero stati dipinti in modo dissimile [nella tavola
a colori. N.d.T.]. Questa era l'intenzione originale di Altus che
disegnò, sulla coscia ed il braccio sinistro di uno dei due, il
segno dell'oro, mentre l'altro ne è sprovvisto. La forma incurvata a
mezzaluna del mare bruno non appare più qui [nella tavola a colori,
mentre è evidente nell'ampolla dell'edizione originale. N.d.T.]. La
superficie piatta del bagno contrasta con la realtà operatoria in
cui la convessità del mercurio si nota anche in alto [alla
superficie. N.d.T.], a causa della sorprendente ed ordinata
animazione delle particelle in rotazione.
All'interno
dell'ampolla ci sono tre personaggi che rappresentano le parti
costitutive del Rebis qui in formazione: sale, zolfo,
mercurio; cioè Nettuno, Apollo e Diana. Il tridente del re delle
acque, nonostante le tre punte di ferro, ci sembra un'indicazione
dei pesi dell'arte e ci sarebbe piaciuto vederlo dipinto di rosso e
di blu.
Nella parte
inferiore si vede l'athanor (da athanatos = immortale). E'
evidente il riferimento a Filalete che vuole che il forno filosofico
sia una torre con un nido. Questo forno possiede tre camini benché
si noti uscirne una sola fumata: quella della fiamma che si trova in
basso. La coppia di alchimisti attorno all'athanor simboleggia lo
zolfo e il mercurio. E' degno di nota il fatto che l'uomo si
raccolga [in preghiera. N.d.T.] mentre la donna si agita. Il
personaggio di sinistra è dipinto con i tre colori dell'opera che
sono il blu, il bianco e il rosso: colori che contrassegnano gli
stadi successivi che lo zolfo assume durante la sua ascesa al
supremo stato di porpora filosofale.
|
|
|
TAVOLA III |
|
|
|
|
|
|
|
Commento di Laplace
Questa tavola [a
colori. N.d.T.] possiede, in rapporto alle edizioni della Rochelle e
di Manget [rispettivamente la prima e la seconda figura da sinistra.
N.d.T.], una singolare particolarità: è invertita. Ciò ci
permette di affermare la totale identità tra il manoscritto di
Washington qui riprodotto e l'edizione detta del 1760 (?), rieditata
da Archè nel 1974.
Questa figura
potrebbe quasi essere considerata come il riassunto del Mutus Liber.
Non analizzeremo le scene che si trovano anche altrove nell'opera;
solo alcuni punti particolari di questa terza tavola attireranno la
nostra attenzione.
Giove domina la
composizione con il suo attributo: l'aquila. Aquila si dice
in latino aquila, termine simile ad aquilone o
vento del nord. Dalla lettura di Fulcanelli si sarà appreso che
il vento, o veicolo [ma anche vaglio o
crivello in francese. N.d.T.], è un simbolo del vitriol.
Giove, o il vitriol, domina dunque l'opera, così come comanda
dall'alto dell'Olimpo.
Sotto Giove si vede
la sua sposa con il pavone. Quest'ultimo, il cui grido annuncia la
venuta dello zolfo, fa vibrare la sua ruota. Da questa rotazione
nascono i differenti fiori che una giovane donna tiene nel cerchio
inferiore. Policromia che Eugène Canseliet paragona alle vetrate
delle cattedrali. La poesia, in alchimia ed anche altrove, non è
inutile: è una vera chiave che permette l'accesso ai più profondi
misteri. Le immagini fiammeggianti che possono evocare l'idea di una
vetrata di cattedrale permettono, a colui che non ha ancora operato
al laboratorio, l'accesso alla comprensione filosofica della
rotazione. E questa non è un'osservazione inutile quando si sa
che i migliori autori raccomandano di vedere l'opera in spirito
prima di praticarla...
Chi ha dipinto i
colori non ha trascurato di situare le scene di pesca all'alba ed è
proprio il sole che bisogna prendere nel seno del mare dei Saggi.
L'alba macrocosmica è del tutto identica al sorgere dell'astro
microcosmico, che si conclude con la venuta totale del giorno. |
|
|
TAVOLA IV |
|
|
|
|
|
|
|
Commento di Laplace
Il colore apporta
un certo splendore alla scena di questa quarta tavola che ne
inaugura una serie di tre, di cui le altre due sono la IX e la XII.
Un dettaglio che non appare se non nell'edizione della Rochelle [la
prima da sinistra. N.d.T.] ci permette di controllare l'ordine
successivo di queste tre immagini. Allineando il bordo esterno di
queste incisioni la luna si ingrandisce: la più piccola è nella IV e
la più grande nella XII. In questo modo la potenza dell'astro va
aumentando, per raggiungere la sua forza completa nella tavola XII.
E' banale
constatare che assistiamo qui alla raccolta della rugiada. Il fluido
che discende in un triangolo igneo tra il sole e la luna porta,
nelle immagini in bianco e nero, l'indicazione araldica di ciò che
possiamo qui ammirare a colori: l'oro e il rosso araldico [gueule].
L'influsso proveniente dai due luminari cade all'orizzonte sulla
terra; l'acqua raccolta dalla coppia di alchimisti è fatta
defluire in un semplice recipiente. Ci sembra opportuno consigliare
all'Amante della Dottrina di osservare bene questa scena di
strizzatura nelle edizioni di Manget e della Rochelle
[rispettivamente la seconda e la prima figura da sinistra. N.d.T.]:
vi troverà un'indicazione, qui non riprodotta [nell'immagine a
colori. N.d.T.], che ha molta importanza.
L'ariete e
il toro, ai due lati dei cinque teli che captano la rugiada,
rappresentano le stagioni zodiacali proprie all'opera, tuttavia
possiedono anche la loro corrispondenza terrestre con la sostanza
solforosa e mercuriale.
Nella disposizione
di questa tavola possiamo osservare la rappresentazione dei tre
piani della creazione: il superiore, il mediano, l'inferiore,
ovvero: il sole e la luna, l'ariete e il
toro, il maschio e la femmina. |
|
|
TAVOLA V |
|
|
|
|
|
|
|
Commento di Laplace
Le tavole V, VI e
VII costituiscono un gioco di assemblaggio i cui differenti pezzi
sono, paradossalmente, indipendenti. Certamente il "tour de main"
fondamentale, insegnato in queste immagini, è all'origine di
questo rimescolamento e noi non dissiperemo le precauzioni che Altus
ha preso nel comunicare il suo messaggio, visto che nessuno dei
nostri predecessori ha osato farlo.
Terminata la
raccolta della rugiada, la coppia di alchimisti la travasa in una
cucurbita e ne opera la distillazione. Al termine di questa,
l'operatrice mercuriale screma quattro particelle, poi, separandosi
dal suo sposo, le offre al personaggio contrassegnato dalla luna,
cioè al vulcano lunatico di Limoion de Saint Disdier, ma
anche a Saturno. Il suo colore rosso proviene senza dubbio
dal blasone rosso araldico [gueule] a fianco; secondo la
nostra opinione avremmo anche potuto immaginarlo colorato di verde.
Il blasone parla: il rosso araldico [gueule] esprime il fuoco
(vulcano) e la luna la qualità di questo fuoco (lunatico).
La terza striscia
in basso ci presenta un forno nel quale arde un fuoco vivo; forse un
po' troppo vivo. Quattro recipienti contengono un liquido e
l'evidenza ci porta a pensare che esso provenga dalla distillazione
precedente. Il numero sopra al ceneratoio è un numero mistico,
ma è possibile che faccia anche capire che il fuoco deve essere
mantenuto per quaranta giorni affinché i materiali in assazione
acquisiscano le qualità richieste per l'opera alchemica. Anche se un
buon numero dei nostri fratelli ci disapproverebbero su questo
punto, non temiamo di dichiarare che bisogna saper ben distinguere
la via umida dalla via secca, che la prima è detta
anche lunga e la seconda breve.
|
|
|
TAVOLA VI |
|
|
|
|
|
|
|
Commento di Laplace
Il fuoco nel forno
è spento, il contenuto dei quattro vasi è riunito nella cucurbita e
si opera una seconda distillazione. Secondo noi, solo il risultato
conta qui ed è il fiore inserito prima nella sua terra rossa
e, in seguito, racchiuso nel vetro.
Nella striscia in
basso, il pallone contenente la sostanza solforosa, oro dei Saggi, è
offerto dall'operatore al sole Apollo che, come sottolinea Eugène
Canseliet, "porta la corazza di Marte". Nella quinta immagine,
abbiamo visto offrire al vulcano lunatico una sostanza che non può
che essere di natura femminile, e potremmo immaginare questo
filatterio che esce dalla bocca della sposa: "purificami ed io ti
arricchirò". Qui ci piacerebbe udire l'alchimista confidare al dio
solare: "Vedi, Signore, tu non sei più del tutto lo stesso, ma non
sei ancora l'altro".
L'ultima scena ci
mostra la coppia di alchimisti che sottomette di nuovo all'azione
del fuoco i quattro fiocchi della tavola V. Immagine curiosa che
troviamo un po' fuori posto. |
|
|
TAVOLA VII |
|
|
|
|
|
|
|
Commento di Laplace
Non è facile
commentare un'opera come il Mutus Liber dove si affiancano la cruda
espressione della verità e l'immagine fallace di un nonsenso che non
è sempre evidente. Le prime quattro scene conducono all'acquisizione
del sale d'armonia che Fulcanelli afferma essere d'Ammone cioè,
anche, dell'ariete. Secondo noi, solo la quarta manipolazione è
effettivamente realizzabile e realizzata al laboratorio. Dalle
quattro particelle bianche sono nate quattro stelle saline;
non è che esse si siano trasmutate, questo quaternario indica
solamente la loro rispettiva simpatia.
In basso, vediamo
Saturno che subisce la doppia purificazione per mezzo del fuoco e
dell'acqua, o meglio per mezzo del fuoco-acqua. Il colore rosso del
dio può permetterci di supporre che le fiamme del rogo siano quelle
della calcinazione. E' al termine delle calcinazioni che la terra
filosofale abbandona il nero putrido per acquisire il rosso
premonitore. Ne L'Alchimia spiegata sui suoi testi classici
di Eugène Canseliet [trad. italiana: E. Canseliet, L'Alchimia,
vol. 2, ed. Mediterranee, Roma 1985. N.d.T.], il discepolo ha
potuto apprendere che lo scopo delle sublimazioni è la completa
purificazione della terra filosofale. Ecco perché il dio che subisce
il lavaggio per mezzo delle acque del diluvio, doppiamente attive,
è adesso sbiancato.
L'ultima scena è,
in qualche modo, un ritorno indietro rispetto al dio dei lavaggi
acquatici. Saturno è ancora dipinto di rosso araldico [gueule],
come all'uscita dalla prima opera. Portando l'infante chimico, egli
è di fronte a Diana purificata che tiene in mano il sale che
permetterà al bambino di compiere il suo celeste volo. Fine della
prima opera che presagisce già la seconda in cui i due attori, qui
faccia a faccia, si trovano pronti per la loro miracolosa unione. |
|
|
TAVOLA VIII |
|
|
|
|
|
|
|
Commento di Laplace
Assistiamo qui alle
sublimazioni del mercurio o aquile e i dieci uccelli
corrispondono ai dieci serpenti del caduceo di Hermes. Questa
sublimazione si fa in un'ampolla di vetro che rappresenta il
vitriol. In questo olio di vetro si forma il rebis che
è qui in potenza, ovvero il sole e la luna sono ancora racchiusi
nella terra residua. Il gruppo di uccelli, dal lato solare, porta il
tartaro vegetante che raffigura ad un tempo il sale e lo zolfo; dal
lato lunare, il sale d'armonia completa il simbolo del tartaro.
Tutti e due si riuniranno quando il giorno spunterà.
In basso, l'athanor
sviluppa il fuoco di ruota. Attorno al forno, la coppia di
alchimisti ci offre una preziosa indicazione, ovvero che, in questo
periodo dell'Opera, lo zolfo è passivo; solo il mercurio si anima,
si attiva.
|
|
|
TAVOLA IX |
|
|
|
|
|
|
|
Commento di Laplace
Rieccoci nel
contesto della tavola IV. I picchetti che reggevano i teli sono
rimpiazzati da sei piatti contenenti la rugiada strizzata nella
quarta figura. Ariete e toro sono attratti dal prezioso liquido e ci
sarebbe molto da dire sull'identità di questi due animali. Se essi
rappresentano le stagioni propizie per l'opera e le due nature,
ciascuno ha anche il suo corrispondente nell'influsso celeste che
discende fra il sole e la luna: il rosso araldico [gueule]
per il toro, l'oro per l'ariete. Con questo desidereremmo suscitare
nell'Amante della Dottrina la riflessione che potrebbe condurlo alla
comprensione di questo doppio mistero, e forse non è inutile
ripetere questa classica sentenza: " Il simile attira il suo
simile".
In basso, la sposa
travasa la rugiada in un recipiente di vetro e la offre al mercurio
delle sublimazioni. Ciò parla agli occhi dello spirito perché la
condensazione notturna che si può raccogliere nei campi non potrebbe
in alcun modo essere utile alle sublimazioni, se non altro per
l'intensità del calore che la volatilizzerebbe immediatamente. Si
comprende quindi che questa rugiada è la "forza forte di ogni
forza", dal greco rosis = forza, e che è quest'ultima
l'elemento indispensabile alla realizzazione alchemica delle
sublimazioni. |
|
|
TAVOLA X |
|
|
|
|
|
|
|
Commento di Laplace
Ecco le
manipolazioni utili alla preparazione dell'uovo filosofale. Di
questa terza Opera abbiamo già avuto occasione di parlare nei nostri
commentari sui Viaggi in Caleidoscopio. Anche se, rispetto a
quel periodo, la nostra conoscenza filosofica di quest'ultimo stadio
si è evoluta, dobbiamo comunque avvertire il lettore che non ne
abbiamo praticato la benché minima operazione. Conseguentemente,
tutto ciò che ne diremo dovrà essere preso con molta prudenza perché
è possibile che il nostro commentario sia intriso di errori.
La pesata che si
effettua in alto nell'illustrazione ci sembra ingannevole e ciò a
maggior ragione se teniamo conto che Eugène Canseliet ci segnala che
la coppia si impegna a realizzare al meglio i pesi di Natura.
Senza dubbio è grande il segreto dell'enigma RER - RERE, che il
filosofo di Savignies risolve con un'aritmetica delle proporzioni:
RERE = 4, RER = 3. Evidentemente il fiore rappresenta il rebis,
cioè RERE; ma il RE di RER non indica obbligatoriamente la metà di
questo rebis. E' una cosa (RE); rimane da sapere quale.
La striscia mediana
ci mostra l'attività del soffiatore. L'equivoco è impossibile
e l'immagine ci sottolinea bene cosa bisogna pensare dell'ampolla di
vetro apparsa per tutto il corso dell'opera.
L'ultima parte di
questa tavola X ci indica l'attività finale della Grande Opera. I
cerchi concentrici che scorgiamo a sinistra dell'athanor potrebbero
rappresentare altrettanto bene sia un uovo tagliato a metà che la
successione cromatica dei fiori del compost. Il nero [color sabbia]
è alla periferia e il rosso araldico [gueule] al centro.
|
|
|
TAVOLA XI |
|
|
|
|
|
|
|
Commento di Laplace
Eccoci di nuovo
allo stadio delle sublimazioni ma si tratta della fase finale, in cui
il simbolo del tartaro porta quello del suo accesso alla luce dal
seno delle tenebre [il simbolo del tartaro a sinistra porta infatti
il segno della sublimazione. N.d.T.].
L'ampolla sorretta
dai due angioletti racchiude ora lo zolfo e il mercurio nella loro
composizione di natura. L'artista aveva precedentemente
disposto la sua opera secondo l'arte, temperandone, con la
scienza, la forza solforosa.
La terra nella
quale erano contenuti il sole e la luna nell'uovo della tavola VIII
è ora scomparsa. Così liberato dal suo corpo terrestre, il composto
si è elevato al grado mediano di purezza, che è quello della
bianchezza. Succedendo alla putrefazione, la resurrezione si è
realizzata nel fragore di una doppia catastrofe.
|
|
|
TAVOLA XII |
|
|
|
|
|
|
|
Commento di Laplace
Per la terza volta,
Altus ci presenta la raccolta di questa rugiada indispensabile
all'Opera. Attraverso una lenta e dolce cozione, il terrestre si
ricolma del celeste. Attraverso la sua virtù arricchente, la rugiada
procura all'ariete e al toro le virtù occulte che sono loro
necessarie. Grande è la sorpresa per l'artista di constatare allora
la trasformazione fisica dell'ariete mentre il toro contempla la sua
apparenza primitiva sul fondo dei piatti che osserviamo in questa
immagine. Per coloro che sanno di quale "rugiada" intendiamo
parlare, sembrerà forse che ci siamo spinti troppo lontano nella
divulgazione; che essi considerino bene allora ciò che abbiamo
appena scritto e vedranno che il nostro testo rispetta l'obbedienza
tradizionale. "La lettera uccide e lo Spirito vivifica".
La scena in basso
ci mostra la sposa che offre al mercurio il contenuto dei sei piatti
della parte superiore. Senza alcun dubbio, Mercurio contribuisce a
procurare, al liquido misterioso, una virtù magica e divina. In
questo momento, l'artista entrerà in possesso del fare che lo
renderà demiurgo onnipotente nel suo microcosmo filosofico.
|
|
|
TAVOLA XIII |
|
|
|
|
|
|
|
Commento di Laplace
Il fiore sulla
bilancia della tavola X è ora rimpiazzato da un piccolo sole: ciò ci
induce fortemente a pensare che RERE si è mutato in RE. Nel vaso
viene di nuovo realizzata la mescolanza e, per chi ha una conoscenza
teorica dell'Opera, non è più così difficile scoprire ciò che
rappresenta RER, constatandone la sua utilità qui.
Sarebbe molto
difficile per l'uomo, se non impossibile, realizzare l'uovo della
terza opera se l'intelligenza della Natura non gli venisse in aiuto.
Quando i filosofi dicono di formare un uovo, l'immaginazione del
discepolo si raffigura spesso che sia necessario prendere il giallo,
inserirlo bene al centro del bianco, ricoprirlo con la vescicola e
chiuderlo con un guscio. La verità operatoria è più semplice in un
lavoro dell'Arte e della Natura, il quale spiega allora chiaramente
il RERE-RER.
In basso, l'Opera è
allo stadio finale delle moltiplicazioni, come suggeriscono i
numeri. |
|
|
TAVOLA XIV |
|
|
|
|
|
|
|
Commento di Laplace
Siamo costretti a
basarci completamente sul commentario che ci ha fornito Eugène
Canseliet, in quanto questa tavola ci è incomprensibile.
In alchimia, può
comprendere colui che sa già. Non possiamo parlare di ciò che
ignoriamo; è per questo che invitiamo il lettore a fare riferimento
al testo di Eugène Canseliet, al quale non siamo in grado di
aggiungere nulla.
Facciamo notare
tuttavia che, se i sei colori si sviluppano nel nero al quale
succede la bianchezza, non è privo di utilità, nella costruzione del
forno, provvedere ad uno spioncino allo scopo di poter seguire le
metamorfosi esteriori della crosta. E' anche importante trovare i
gradi termometrici di questa cottura, soprattutto quelli dell'inizio
e della fine. Inoltre, non è forse inutile pensare al fatto che sia
come minimo necessario che i materiali possano agire gli uni sugli
altri. |
|
|
TAVOLA XV |
|
|
|
|
|
|
|
Commento di Laplace
Quest'ultima tavola
ci mostra l'ascesa dell'Adepto che abbandona il piano
terrestre.
L'Adeptato... Chi,
tra coloro che sono affascinati dall'alchimia, non desidererebbe
raggiungere questo stato? Per questo la volontà di possedere la
Pietra ci sembra talvolta un ostacolo al suo conseguimento. La
volontà di potenza, che sia o meno desiderio di ricchezza, non è la
volontà di Saggezza; ed è necessario, per l'Amante della Dottrina,
sapere ciò che desidera. Bisogna essere ben chiaroveggenti verso se
stessi. Ci si può raccontare che si ricerca la saggezza quando
invece questo pensiero cela dei sentimenti più profondi che sono
molto meno elevati. Non bisogna aver paura di portare allo scoperto
ciò che è nascosto. Una volta che è stata identificata, la volontà
di potenza si può sconfiggere in modo che non persista.
Chi può dissertare
con sicurezza sull'Adeptato ad eccezione degli stessi Adepti? Che
cosa sappiamo di loro? Ben poche cose e solo la fede ci può
mantenere sulla via che conduce a loro.
Oculatus abis. Te
ne vai chiaroveggente. A questo stato, l'Amante della Scienza accede
via via che procedono i suoi studi. Ogni giorno gli apporta un po'
più di Luce e, per colui che non raggiunge lo stadio finale della
Pietra Filosofale, il cammino che vi conduce è sufficientemente
appagante per compiacersene, e ciò è tanto evidente che per nessuno
il tempo dedicato alla ricerca sarebbe sprecato. |
|